Gli auguri della Caritas Idruntina all’Arcivescovo Donato per il cinquantesimo di sacerdozio

Domani la Chiesa di Otranto gioirà per il cinquantesimo anniversario di sacerdozio del suo Arcivescovo, Donato Negro.

In Cattedrale alle ore 19,30 l’Arcivescovo presiederà la celebrazione eucaristica, ordinando sacerdote il giovane diacono don Matteo Musarò della comunità parrocchiale di Andrano.

La scelta di vivere il giubileo sacerdotale, ordinando un nuovo presbitero, è rivelativa di due aspetti che appartengono al ministero e alla vita di Mons. Negro: la generatività dell’azione pastorale e la centralità di Cristo e della Chiesa e mai dei suoi ministri. Mons. Negro ci ha insegnato, in questi anni, che è la Chiesa ad inviarci, per la Chiesa dobbiamo lavorare dando una mano al Signore per edificarla, con la consapevolezza che “Cristo deve crescere e noi diminuire”, perché “chi possiede la sposa è lo sposo; ma l’amico dello sposo che è presente e l’ascolta esulta di gioia alla voce dello sposo” (Gv 3,29-30).

Il suo ministero, nella Chiesa di Otranto, è iniziato nel 2000 con la consegna degli orientamenti pastorali: “La porta aperta” che, già nel titolo, rivelavano la volontà di indicarci una Chiesa estroversa, capace di farsi compagna di strada di ogni uomo e di ogni donna, senza ripiegamenti su se stessa ma, come dice il titolo del Progetto Pastorale del 2004, una Chiesa “in mezzo alle case”: non davanti alla persone, quasi a voler tracciare percorsi a prescindere dalla concretezza della loro vita, non dietro quasi a voler controllare tutto e tutti, ma “in mezzo” per ascoltare e annunciare il Vangelo con lo stile della prossimità, con la stesso stile del Risorto che “mentre essi parlavano venne e stette in mezzo a loro” (cf Lc 24,36).

Questa modalità di essere Chiesa, l’Arcivescovo Donato, l’ha consegnata anche alla nostra Caritas Diocesana. Le tante “opere-segno” che sono nate in questi 22 anni del suo episcopato, hanno avuto sempre l’impronta della “piccolezza evangelica”, lontane dai riflettori e dalle telecamere, senza comunicati-stampa, perché il servizio verso i poveri non deve essere mai il palcoscenico sul quale recitiamo la parte dei buoni, per trovare approvazione e consenso sociale. “Fare strada ai poveri, senza farsi strada”!

Nella pastorale della carità, mons. Negro, ci ha sempre indicato la via del “segno”: “accendere – dice l’Arcivescovo- piccole luci” che aiutino il territorio a non chiudere gli occhi sui bisogni dei più poveri; con la consapevolezza che la comunità ecclesiale deve essere profetica, ma senza la presunzione di risolvere i problemi; dialogante con le istituzioni del territorio, ma senza confondere ruoli o, peggio ancora, ricercare privilegi. A questo proposito è paradigmatica l’accoglienza che stiamo realizzando verso i fratelli ucraini, presso il centro Rebecca di Melpignano. Con loro abbiamo stabilito relazioni di fraternità, con discrezione; lavorando soprattutto sul versante della loro integrazione nel nostro tessuto sociale, perché al più presto possano vivere autonomamente. La logica del “segno”, nella pastorale della carità, ha come regola aurea il rispetto della dignità delle persone che sono nel bisogno; ci aiuta a essere solidali al di là delle emozioni del momento, o della scaletta di priorità che impone il mondo della comunicazione.

Grazie, Eccellenza! Grazie perché insieme “abbiamo creduto all’Amore”!

Auguri, Eccellenza! Continui ad essere “collaboratore della nostra gioia”! (2Cor 1,24).

Ad multos annos!

Maurizio Tarantino

Direttore della Caritas Idruntina

 

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